- Definizione dei comportamenti problematici
- Motivo del comportamento problema
- La crisi: come si presenta e cosa fare
- Comprendere per estinguere: ABC
- Definizione dei comportamenti problematici
Il comportamento problematico è definito come un comportamento distruttivo e/o pericoloso diretto verso se stessi, gli altri e/o l’ambiente. Le stime riguardo la presenza dei comportamenti problematici è molto poco precisa: si parla dell’ 8-68%. Non si ha un’ idea precisa della prevalenza, perché i comportamenti problematici vanno dal far cadere il quaderno per terra quando non si vuole studiare all’autolesionismo. Quindi in base alla tipologia di comportamenti problematici considerati e la definizione che se ne dà la stima cambia.
Alcuni esempi di comportamento problema sono:
- Autolesionismo
- Comportamento aggressivo verso l’altro
- Danneggiamento dell’ambiente
- Comportamenti socialmente inaccettabili
- Comportamento che impedisce o limita l’apprendimento e la socializzazione
Ogni comportamento porta con sé una comunicazione ed una spiegazione, ogni comportamento può essere considerato un messaggio che va decifrato. Spesso i comportamenti problematici nascono dall’incapacità di comunicare i propri bisogni.
Un comportamento continua a presentarsi quando viene rinforzato, cioè quando la persona dopo aver messo in atto il comportamento ha ottenuto risultati per lei positivi. Invece, quando un comportamento non viene rinforzato e quindi non porta al risultato sperato, tenderà a scomparire, non avendo più la sua funzione. Il comportamento cioè ha potere su di noi solo quando reagiamo a tale comportamento.
Un esempio: un bambino non sopporta l’ora di ginnastica, magari perché l’acustica della palestra è rumorosa e per lui molto fastidiosa (se non addirittura dolorosa). All’inizio dell’ora sbatte la testa contro il muro, o si morde il polso. Ha imparato che così facendo l’insegnante di sostegno lo porta fuori. Il comportamento è così rinforzato e con tutta probabilità continuerà a ripetersi. Questo comportamento potrà presentarsi non solo durante l’ora di ginnastica, ma ogni volta che il bambino vuole essere portato fuori da un ambiente poco gradito.
2. Motivo dei comportamenti problematici
Pensa di avere un fortissimo mal di denti e non sapere come comunicarlo per ricevere aiuto. E’ una sensazione orribile, giusto? Il mal di denti in sé per sé è orribile, ma pensa se oltre al dolore si aggiunge angoscia perché non sai di cosa si tratta, perché dopo essere iniziato non sai se e quando finirà. Non sai come comunicare questo disagio e non sai quindi come farti aiutare.
Soprattutto quando la comprensione e l’espressione nella comunicazione sono difficoltose, come accade nell’autismo grave o nella disabilità intellettiva significativa, il vissuto soggettivo dell’individuo può essere confuso e l’ambiente diventa disorientante. Infatti accade che spesso manchino:
- La comprensione di alcune o molte situazioni
- La comprensione di alcune o molte comunicazioni
- La capacità di farsi comprendere da tutti (ad esempio il significato specifico di alcuni gesti li conosce solo la mamma o il papà, ma non l’insegnante o il compagno di banco o uno sconosciuto per strada)
Un altro esempio: un bambino senza una apparente motivazione diventa particolarmente nervoso, vocalizza a gran voce e sbatte la mano sulle superfici che incontra. Questo bambino non parla, ma sta comunque comunicando. Sta comunicando uno stato di disagio, magari legato ad un dolore fisico che non riesce a identificare con precisione né ad esprimere: mal di pancia, costipazione, mal di denti, mal di testa… Senza una precisa segnalazione, è difficile capire la causa del nervosismo. Se ad esempio il bambino si mette le dita in bocca in maniera insistente, il genitore penserà a guardare se ha la gola arrossata o un dente cariato, e potrebbe individuare la causa. Ma non sempre la segnalazione è intercettabile.
3. La crisi: come si presenta e cosa fare
La crisi nella maggior parte dei casi si verifica in maniera graduale, non corrisponde cioè ad un’esplosione improvvisa (anche se così può sembrare). Analizzando attentamente il comportamento si osserverà che la persona inizia a dare segnali sempre più intensi e chiari di disagio che poi sfociano nella crisi comportamentale vera e propria. La crisi inizia di solito con una leggera agitazione, che si intensifica, fino ad arrivare all’esplosione. Spesso la crisi è seguita da un periodo di “recupero” in cui la persona è come “scarica”. Le crisi infatti, comportano un gran dispendio energetico.
Se si riesce ad intervenire nelle prime fasi di agitazione iniziale la crisi è evitabile. Ancora meglio, se si riesce a prevedere ed evitare il disagio (ad esempio, per il bambino sensibile ai suoni fornire dei tappi o delle cuffie per l’ora di ginnastica), la crisi si può evitare.
Quando è ormai troppo tardi e avviene l’esplosione, è bene seguire alcuni accorgimenti per il benessere della persona e di chi si trova intorno:
- Avere spazio a disposizione, allontanare i presenti e gli oggetti pericolosi;
- Non reagire in modo eclatante, reagire il meno possibile assicurando il benessere della persona;
- Mantenere un tono di voce calmo e un volume basso ma udibile e fermo;
- Se necessario, contenere fisicamente con delle prese specifiche apprese in precedenza, non improvvisare;
- Non correre dietro, camminare velocemente;
- Non guardare fisso, distogliere lo sguardo;
- Promuovere e suggerire comportamenti desiderati: dire o mimare “respira” invece di dire “smetti di urlare”;
- Non rispondere alle provocazioni;
- Avere un piano per la gestione delle crisi condiviso tra gli operatori e gli insegnanti, rispettarlo.
4. Comprendere per estinguere: ABC
Per lavorare sull’estinzione di un comportamento problema è fondamentale lavorare in rete con psicologi, educatori, insegnanti e genitori. Per comprendere e prevedere efficacemente l’escalation che porta al comportamento problema bisogna procedere con un’attenta analisi del comportamento. Introduciamo gli ABC:
- Antecedent: ciò che precede il comportamento, il fattore scatenante;
- Behaviour: il comportamento che viene messo in atto;
- Consequence: cosa succede dopo che il comportamento viene agito.
Per far si che il comportamento problema non si presenti più bisogna raccogliere informazioni in un diario per un periodo di tempo (ad esempio una o due settimane):
- Fare un’analisi quantitativa e qualitativa del comportamento: quante volte succede, dove, e a che ora, come si manifesta il comportamento.
- Analizzare gli antecedenti: osservare tutto ciò che succede prima del comportamento problema, che, molto probabilmente, ha a che fare con la crisi: ora, luogo, persone presenti, attività in corso, modalità di comunicazione rivolta alla persona, richiesta rivolta alla persona.
Cosa fare per prevenire e quindi estinguere il comportamento problema:
- Strutturare i tempi, gli spazi, le attività. Rendere l’ambiente comprensibile;
- Anticipare le attività che si vanno a svolgere, aumentando così la prevedibilità, tramite la comunicazione verbale, la presentazione di immagini o di oggetti che simboleggiano l’attività (esempio: far vedere il rotolo di carta igienica prima di andare al bagno). Si dovrebbe creare un’agenda della giornata: uno schema, che permette al bambino di avere presente le attività da svolgere e quelle già svolte;
- Trovare delle modalità con il cui bambino possa comunicare: immagini, gesti, oggetti;
- Scegliere attività adeguate al livello di sviluppo dell’individuo, evitando attività troppo facili (noiose) o troppo difficili (frustranti);
- Quando è possibile ignorare il comportamento, per non rinforzarlo;
- Stabilire regole chiare e rispettarle;
- Focalizzarsi sui comportamenti positivi invece di evidenziare quelli negativi: fornire strategie alternative efficaci invece che imporre divieti;
- Fare attenzione alle caratteristiche sensoriali del bambino e prevenire fastidi soprattutto dal punto di vista dell’acustica (mensa, palestra, non urlare!!!).
Ognuna di queste strategie vanno organizzate sulla base delle capacità comprensive e comunicative del bambino o del ragazzo.
Un esempio: un bambino non tollera l’ora di terapia a cui deve partecipare, e vuole uscire. Così, inizia a battere la testa e dare botte alla porta. L’operatore, invece di prenderlo in braccio, parlargli e toccarlo, lo ignora, mettendo un cuscino tra lui e la porta per impedire che si faccia male evitando di guardarlo. Il bambino intensifica inizialmente il comportamento ma non può far altro che smettere dopo alcuni minuti, perché sfinito e perché non ha ottenuto nulla.
Dopo la crisi si osserva un abbassamento del tono dell’umore e a volte un desiderio di riparazione, che segue il senso di colpa. Offrire opportunità di rielaborazione dell’evento, mostrare comprensione e possibilità di riparazione.
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