Gabor Matè è un sopravvissuto all’olocausto di origine ungherese, la cui famiglia è stata vittima degli orrori nazisti. E’ un divulgatore che tratta i temi della salute mentale, in particolare lo sviluppo, le dipendenze, il trauma. L’autore offre una interessante visione della condizione di ADHD, di cui molto si parla in questo periodo soprattutto sui social.

L’ADHD è la sigla per: Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ossia Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività (in italiano DDAI). La diagnosi è in aumento, e l’autore di questo dato porta due ipotesi: una migliore capacità di diagnosi, o un maggior numero di persone con le caratteristiche dell’ADHD. Molti più bambini vengono diagnosticati non solo in America ma anche in Inghilterra, e di conseguenza vengono medicalizzati (vengono somministrati loro farmaci). Nessuno ha ancora trovato il gene dell’ADHD, o il gruppo di geni. Alcune malattie sono genetiche. In alcuni casi, ci sono dei geni che se posseduti portano un maggiore sensibilità a depressione, ansia. In alcuni casi però con quegli stessi geni non si presentano condizioni patologiche. Quindi cosa viene trasmesso? Viene trasmessa la sensibilità.

La sensibilità fornisce capacità di analisi e di sentire quello che succede intorno a te. Con questa aumentata sensibilità, in base all’ambiente (soprattutto emotivo) in cui si cresce, la sensibilità porta a sviluppare tante capacità e risorse, creatività e arte. La stessa sensibilità posta in un ambiente che pone il soggetto in difficoltà e sotto stress, può portare il soggetto a sentire fortemente sensazioni negative, il che porta a sviluppare comportamenti compensativi per sollevarsi dalla frustrazione, che viene percepita intensamente alla luce della profonda capacità di sentire (sensibilità).

La forte sensibilità porta a sentire intensamente. Quando questa sensibilità è posta in un ambiente stressante, svilupperà strategie per evadere, per allontanarsi dalla sofferenza percepita così intensamente, alla luce delle capacità di sentire molto sviluppate. Utilizzo di sostanze, dissociazione, ansia, spesso sono risposte a stress costante, il che porta a voler evadere dall’ambiente. Più maschi sono diagnosticati con ADHD, perché spesso nei maschi si riscontra una maggiore iperattività rispetto alle donne, questo è stato riscontrato anche nell’autismo e pone questioni diagnostiche. Nei maschi i sintomi iperattivi sono predominanti; più evidenti agli occhi di insegnanti e genitori. Nelle femmine l’evasione più che nell’iperattività si realizza spesso nel dissociarsi con i pensieri, sognare e rifugiarsi nei pensieri.

Le bambine quindi si allontanano dalla situazione con strategie meno vistose dei maschi e vengono quindi intercettate meno facilmente, sono più silenti e discrete. Il fatto di dare psicofarmaci a individui molto giovani, bambini, per risolvere l’ADHD, non aiuta nella misura in cui questi non hanno alcun impatto sull’ambiente ma solo sull’individuo: se lo stress persiste, le medicine continuano ad essere necessarie. I genitori non comprendono i comportamenti del figlio, alla base dei quali ci sono le sue necessità, il che crea un ambiente stressante, il che alimenta i sintomi dell’ADHD, che viene curato con le medicine.

Se i genitori creano un’atmosfera accogliente, emotivamente rassicurante, la risposta comportamentale del bambino cambia. Le medicine sopprimono i sintomi momentaneamente ma non sono una soluzione definitiva a una condizione cronica, perché si tratta di una sensibilità di base del sistema, in base all’ambiente questo sistema sarà sotto stress oppure in condizioni favorevoli. Se le medicine funzionano e non ci sono effetti collaterali, se fanno stare meglio e risolvono i sintomi posso essere prese, ma lavorando sul trauma e sul significato della propria iperattività e disattenzione, eventualmente le medicine diventano un accessorio che può essere messo da parte, con il duro lavoro di passare attraverso il proprio o i propri traumi.

 

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